Concordato preventivo: operazioni dolose in danno ai creditori per fusioni tra società del gruppo

Nell’ambito di un gruppo societario può verificarsi che l’insolvenza della capogruppo trascini inevitabilmente al dissesto anche le società controllate.

Una prassi sovente utilizzata dagli operatori in presenza di gruppi societari con la capogruppo e le singole società controllate che si trovano in stato di dissesto, è quella di procedere a fusioni per incorporazione delle controllate prima  della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo (o altra procedura concorsuale) in capo alla società controllante.

La fusione per incorporazione

In particolare, si ricorre alla fusione per incorporazione nella controllante di società controllate che sono in dissesto e il loro attivo realizzabile non è capiente per accedere ad una procedura di concordato preventivo. L’incorporazione della controllata, ancorchè la stessa presenti un patrimonio netto negativo con attivo netto realizzabile tale da non permettere la predisposizione di un piano concordatario sulla base delle vigenti norme di legge, permette di salvare la stessa dal fallimento.

La capacità di soddisfacimento dei creditori

Nel caso di fusioni per incorporazione come sopra descritte, occorre innanzi tutto prestare attenzione alla capacità dell’incorporante e dell’incorporata di soddisfacimento dei propri creditori nell’ambito della procedura concorsuale cui dovrebbe accedere ogni singola società; successivamente, occorre fare un raffronto di tale risultato con la capacità finale di soddisfacimento dei creditori della società incorporante.

Va cioè valutato se ciascuna delle società aderenti alla fusione abbia la medesima capacità di soddisfacimento dei propri creditori. Solo in questo caso l’effetto della fusione risulta neutro in caso di successivo accesso alla procedura concorsuale adita.

Il danno ai creditori della società incorporante

Diversamente, qualora la controllata non disponga di attivo realizzabile sufficiente ad affrontare la procedura concorsuale cui verrà sottoposta la incorporante, l’effetto della fusione in un’unica società che poi accede ad una procedura concorsuale, nella fattispecie il concordato preventivo, causa un danno ai creditori della incorporante che vengono assoggettati ad un riparto, in concorso tra tutti i creditori delle due società partecipanti alla fusione, inferiore a quello che sarebbe loro attribuito in caso di procedura concorsuale adottata solamente dalla controllante.

La legge parla chiaro

Va richiamato al proposito l’art. 2629, c.c., che recita: “Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altre società o scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni….”.

L’operazione di incorporazione della controllata, nella fattispecie sopra descritta, qualifica un atto doloso ascrivibile a carico degli amministratori della controllante, nei confronti dei creditori della stessa controllante ante fusione, che è punito a norma dell’art. 223, secondo comma, n. 1, che recita “Si applica, agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori, la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se hanno cagionato, o concorso a cagionare il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2634 del codice civile”.

Il legislatore attribuisce una gravità maggiore alla condotta descritta dall’art. 2629 laddove la stessa costituisca fondamento per cagionare o concorrere a cagionare il dissesto della società (si badi…non il fallimento come detto nel n. 2 ma il solo dissesto ), gravità tale da superare la barriera della querela di parte e ricevere punizione per il solo fatto di essere concretizzata.

 

Dott. Sandro Aceto