Contratto preliminare, quando obbliga al contratto definitivo?

Il contratto preliminare, anche noto come compromesso, è l’accordo mediante il quale due o più parti si obbligano a stipulare un contratto definitivo.

Le ragioni per le quali si decide di concludere un preliminare sono le più varie: può accadere che chi ha intenzione di comprare un immobile non disponga della somma di denaro necessaria e sia in attesa della risposta della banca per il mutuo ovvero che il futuro venditore sia ancora alla ricerca di una nuova soluzione abitativa.

Con la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare ci si obbliga, dunque, a stipulare in futuro il contratto definitivo con il quale si produrrà il trasferimento di proprietà.

Contratto preliminare con effetti anticipati

Spesso accade, tuttavia, che per ragioni contingenti i contraenti decidano di stipulare un contratto preliminare ad effetti anticipati, vale a dire che, pur rimanendo obbligatorio stipulare il contratto definitivo col quale si produrrà il trasferimento di proprietà, alcuni effetti di questo contratto successivo potranno prodursi anticipatamente.

Questa ipotesi si verifica, ad esempio, nel caso in cui il futuro venditore metta l’immobile a disposizione dell’altro contraente prima della stipulazione del contratto definitivo, permettendogli in tal modo di abitarvi, a fronte o meno del pagamento di una parte del corrispettivo dovuto.

É importante evidenziare che la legge prescrive per il contratto preliminare di compravendita immobiliare la forma scritta a pena di nullità, in maniera speculare a quanto previsto in relazione al contratto definitivo.

Quando un contraente rifiuta di sottoscrivere il contratto definitivo

Cosa accade se uno dei contraenti rifiuta di procedere alla stipulazione del contratto definitivo?

La controparte ha a disposizione due alternative previste dalla legge:

  • può scegliere di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento
  • 2) oppure l’esecuzione in forma specifica disposta con sentenza del giudice, salvo in ogni caso la richiesta di risarcimento del danno (art. 1453 c.c.).

La risoluzione determina lo scioglimento del rapporto contrattuale con effetto sin dal momento della stipulazione del compromesso, con il conseguente obbligo per le parti di restituire quanto eventualmente già ricevuto.

Nell’ipotesi, invece, in cui si presenti domanda diretta all’emanazione di una sentenza che tenga luogo del contratto dovuto, ma non concluso, il giudice sarà chiamato a verificare che il proprio provvedimento non realizzi un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che le parti avrebbero potuto conseguire se avessero concluso il contratto in via consensuale.

La sentenza emanata dal giudice produrrà gli stessi effetti che avrebbe prodotto il contratto definitivo, cioè il trasferimento della proprietà immobiliare (art. 2932 c.c.).

Le condizioni per trasferire legittimamente la proprietà di un immobile

Il Testo Unico in materia edilizia (d.P.R 380/2001) prescrive come necessaria l’indicazione degli estremi del permesso di costruire o, in mancanza, del permesso in sanatoria, pena la nullità del contratto, il che equivale a dire che lo stesso non è mai esistito (art. 46 d.P.R. 380/2001).

Il contratto, però, può essere dichiarato nullo anche in presenza dei permessi sopra indicati allorquando sia caratterizzato da totale difformità rispetto ai predetti permessi.

Il concetto di totale difformità

È la legge, precisamente l’art. 31 d.P.R. 380/2001, a definire il concetto di “totale difformità”: essa si realizza quando l’immobile è totalmente diverso da quanto individuato nel permesso per caratteristiche tipologiche (ad esempio, si è autorizzati a realizzare un garage ma si realizza una villetta), o planovolumetriche, (quando si aumenta in maniera considerevole la superficie), oppure se si fa un utilizzo improprio dell’immobile (ad esempio, la destinazione d’uso è commerciale e lo si adibisce ad abitazione) o, infine, quando si realizzino volumi ulteriori separati, autonomamente utilizzabili (ad esempio, si è autorizzati a sopraelevare di un piano, ma se ne costruiscono due) che costituiscono un vero e proprio organismo edilizio a se stante.

In tutti questi casi la proprietà dell’immobile non può essere validamente trasmessa

E allora, cosa succede se solo dopo la conclusione del contratto preliminare ci si avvede dei difetti o delle mancanze che caratterizzano l’immobile? Si è comunque obbligati a stipulare il contratto definitivo? La risposta è certamente negativa, perché il preliminare è da considerarsi nullo e, quindi, non produttivo di alcun effetto.

L’altro contraente non potrà chiedere, quindi, al giudice di emanare una sentenza che tenga luogo del contratto definitivo non concluso, come prima abbiamo visto, perché sarebbe paradossale ritenere possibile ottenere, grazie all’intervento del giudice, il trasferimento dell’immobile che, se fosse stato realizzato dalle parti, sarebbe stato ritenuto dal medesimo giudice radicalmente nullo.

 Dott.ssa Valeria Calamita

Studio Legale Franzetta Dassano